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Sarri: "Vi spiego il nuovo Napoli"
Il tecnico si racconta al Corriere dello Sport-Stadio: «Scudetto? Non sarebbe onesto parlarne adesso ma si lavorerà per arrivarci in breve. Sì, con me De Laurentiis ha avuto coraggio».

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04 Luglio 2015 -- NAPOLI - Laggiù c’è un mondo: e oltre il mare che bagna Napoli, tra quei sei milioni di tifosi sparsi su questo pianeta, c’è una città che non ha frontiere, né limiti, che non ha confini, né può essere omologabile. La Napoli di Maurizio Sarri è una finestra spalancata sull’universo, la visione paradisiaca d’un panorama struggente: e su questa terrazza scelta per raccontarsi al Corriere dello Sport-Stadio, arrivano i profumi, l’eco e l’allegria contagiosa di chi non osa chiede ma spera d’ottenere che la favola viva.

Per cominciare: ma possibile che nessuno si sia accorto di Sarri, prima di quest’anno? Dove s’era nascosto?

«Disattenzione ce n’è stata, ma non perché sia sfuggito agli occhi degli osservatori il sottoscritto: è strano, semmai, che calciatori come Croce, come Valdifiori, siano arrivati in serie A così tardi. E tutto ciò qualcosa dice».

All’improvviso, prima il Milan, poi il Napoli, e poi anche tante altre: la stagione di Empoli è stata rilevante ma, onestamente, se lei fosse stato De Laurentiis l’avrebbe preso Sarri?

«Nei panni del presidente, avessi avuto modo, l’avrei preso anche prima; così avrebbe avuto un allenatore più giovane sulla propria panchina. Però va detto anche ch’è stata una scelta coraggiosa».

Storie (anche) buffe, curiose: lei nasce a Bagnoli, in linea d’aria dal san Paolo è un battito di ciglia. Alla sua età si ha il diritto di emozionarsi?

«Lo sono e non lo nego, anche se ci ho pensato poco. Ho provato ad isolarmi dalla vicenda, quasi non mi toccasse. Poi ci ho riflettuto. Io qua a Napoli ci sono stato pochissimo, però è chiaro che ora che ci sono arrivato si scatenano i pensieri e qualche effetto lo fanno».

In sincerità, nota tracce di napoletanità in sé?

«Poche, quasi nessuna; ma perché sono cresciuto altrove. E però quando m’è capitato che qualcuno m’abbia chiesto, con un’arietta che sapeva di razzismo, ma te sei nato a Napoli? Lì sì che ho avvertito il richiamo delle origini».

E invece lei, ma con simpatia, rientra tra i «maledetti toscani»...Quattro nomi non a caso: Orrico e Viciani, Allegri e Lippi, epoche e gesta differenti.

«Ma credo di non essere assimilabile a nessuno di loro. Ad Allegri e Lippi per ovvi e comprensibili motivi, viste le rispettive carriere ed i successi ottenuti; ad Orrico e Viciani per una diversità che è inevitabile. Neanche loro due avevano molti punti di contatto. Certo, uno con la Carrarese ha fatto cose egregie, che restano negli annali; e l’altro con la Ternana ha segnato un’era: però metodi di lavoro, convinzioni e teorie restavano distanti».

Le avremmo chiesto, a questo punto, se nel suo calcio ci fosse qualcosa del gioco corto di Viciani, emanazione del football totale dell’Ajax...Ma ha quasi risposto.

«Ho visto giocare la Ternana quand’ero ragazzo, a Firenze; poi poche altre volte. E non so se nell’inconscio qualcosa mi sia rimasto. Però Viciani ha ottenuto dal calcio molto meno di quello che avrebbe meritato».

E Sarri ha ricevuto tardi?

«Ora mi godo Napoli e lavoro affinché questa squadra, che ormai ha un ruolo fisso in Europa e che in Italia è tra i primi cinque club - per capacità finanziaria e tecnica - resti tra le Grandi. Già lasciarsi due società alle spalle, al termine della prossima stagione, mi parrebbe niente male».

Finirà con il Napoli che s’ispirerà all’Empoli?

«Impossibile che ciò accada. Non voglio essere ripetitivo, né riprodurre un sistema che avrà interpreti diversi ed in condizioni differenti dal passato. Vorremmo essere noi stessi, con la nostra testa e il nostro gioco e la nostra mentalità. Adatterò il mio gioco alle caratteristiche degli uomini che ho a disposizione per esaltarli».

Dicono di lei: è un sacchiano. Dunque, finirà per suggerire ad Albiol di fare i movimenti di Tonelli, così come si narra nelle leggende metropolitane facesse Sacchi spiegando a Baresi come si muoveva Signorini?

«Intanto non ho mai creduto che Sacchi spingesse Baresi a seguire gli allineamenti di Signorini; né mi spingerò io a tanto. Però so bene che nel calcio si alimentano romanzi ad uso e consumo della gente».

Lei saprà che il verbo declinato con maggior insistenza, dalla gente a Napoli, è: vincere.

«E so che bisogna essere onesti con i tifosi, senza offrire illusioni ma garantendo impegno e serietà. Poi sarà il campo a dire cosa saremo stati in grado di fare».

A cura di Antonio Giordano (FONTE:CorrieredelloSport)