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"Io ariete del Napoli"
La sfida di Denis per guadagnare un posto da titolare inamovibile.

26 Ottobre 2008 -- Argentina batte Uruguay. Meglio: Denis batte Zalayeta. Contro la Lazio tocca a lui. Al «Tanque» invocato dalla gente del San Paolo mentre il Napoli stentava con la Juve. «Un brivido quando ho sentito lo stadio ritmare il mio nome. Una sensazione fantastica», ammette l’argentino protagonista là davanti d’un turn over che in verità né lui né Zalayeta riescono a capire sino in fondo. E che forse neppure vogliono capire visto che sono grandi amici e che stanno spesso assieme. «Contro la Juve Reja ha scelto Zalayeta perché lui ha giocato ben otto anni in quella squadra. Ci teneva troppo. Reja ha fatto una cosa giusta».

Smentite così ogni rivalità, ogni amarezza. Ma Denis sa bene che per arrivare a quella «doppia cifra» che è il suo obiettivo di stagione ha bisogno di giocare. Anzi, di più: sa di dover necessariamente approfittare d’ogni minuto, d’ogni occasione per convincere l’allenatore a metterlo in campo con continuità. E magari a non considerarlo soltanto un «carrarmato» da trasferta perché tre dei quattro gol messi a segno sino ad oggi tra coppa e campionato li ha segnati proprio fuori casa. Cert’è, c’è un dato che gioca a suo favore: dei ventitré gol ufficiali segnati dal Napoli in questa stagione, ben diciotto il Napoli li ha fatti con l’argentino in campo e solamente sei col Panterone.

Numeri che potrebbe far valere, ma ai quali Denis preferisce non dar peso. Lontano dai riflettori e lontano dalle polemiche, infatti, l’argentino tutto casa, chiesa e tango. Semplice, gentile e anche devoto, German Denis che se può se ne sta volentieri rintanato a Marechiaro, nella casa che fu di Pampa Sosa, assieme a Natalia e a Matias (nato a Cesena) e Malena che sono i loro due ragazzi. Mare, pizza, escursioni alla scoperta dei bei posti le altre sue passioni. La pesca come innocente trasgressione, ma qui a Napoli ancora non gli è riuscito d’uscire in barca armato d’esca e canna; di tanto in tanto un salto in ristorante e se dalle parti di casa tanto meglio; al volante del suo monovolume con tutta la famiglia quando c’è almeno un giorno intero da poter sfruttare per andare un po’ più in là della città. Così ha scoperto Amalfi e Ravello, Minori e Maiori e Positano. «Posti fantastici, bellezze che non puoi non vedere», dice.

Ma Denis, che è devoto a sant’Espedito, il santo dell’ultim’ora («Da quand’ero ragazzo ogni volta che gioco porto nei parastinchi la sua immaginetta», racconta), è stato già due volte a Pompei. Nella Basilica. In raccoglimento e in preghiera davanti al quadro della Madonna del Rosario. «La fede mi aiuta molto, mi dà forza», confida spesso questo ragazzone biondo che prima di arrivare a Napoli ha fatto ventisette gol nell’Independiente e che vorrebbe farne almeno la metà in questo suo primo anno in maglia azzurra. Cosa che ha promesso a quei quattro ragazzini che all’indomani del suo primo gol napoletano gli fecero trovare attaccato al cancello di casa uno striscione con su scritto «Auguri».

Poi c’è il tango. L’altro amore diventato ancor più forte da quando la sua Argentina è più lontana. «È la musica che ascolto a casa mia», dice Denis. «Il tango. Un pensiero triste che si balla», raccontano nelle strette e storiche stradine di San Telmo o nella tangueria all’aperto della Recoleta, a Buenos Aires. Ma non è così per German Denis, il quale forse proprio grazie al tango fa gol anche alla nostalgia. E poi quello che lui ascolta è il «tango nuevo» ballato e suonato sulle note del tango elettrico, parente giovane e scapestrato di quello suonato dalle vecchie Bandoneon, fisarmoniche di legno che accompagnarono anche il mito, Carlos Gardel, in «Mi Buenos Aires querido» e nell’ancor più celebre «Volver». (Eurosport)