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Il Napoli ci ripensa: in soffitta il turn-over
Ora basta col turn-over, Reja punterà molto di più su una formazione base. Ecco i pareri di quattro allenatori

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08 Ottobre 2008 -- Persa l’Uefa e avendo come «distrazione» solo la coppa Italia, Reja non avrà più la necessità di rivoluzionare squadra e gioco ogni tre giorni. D’ora in avanti il Napoli potrà percorrere la strada della continuità. Ovvero, una formazione base e all’occorrenza le più appropriate alternative. Addio turn-over, dunque. E senza rimpianti visto che certi cambiamenti troppo profondi, troppo radicali hanno finito per essere anche mal sopportati dal gioco e dalle pur belle certezze della squadra. Insomma, passi quando è necessario, ma affidarsi troppo al turn-over paga oppure no?

“Personalmente - afferma Bortolo Mutti - ho sempre centellinato i cambi in formazione. Li ho limitati al giusto necessario: infortuni, squalifiche, precarietà fisica perché sono convinto che questo dia più garanzie». Beh, in verità anche Reja in quanto a formazioni è stato sempre un conservatore. Stavolta, però, molto per bisogno e un po’, forse, anche per non scontentare chi gioca di meno, ha forzato il «girotondo». Soprattutto in difesa. E proprio lì il Napoli ha sofferto più che altrove: nelle ultime sette partite, infatti, solo due volte non ha preso gol e nelle ultime due, tra coppa e campionato, ne ha subiti addirittura cinque”.

E allora? «Rispetto Reja e non metto il naso nel suo lavoro ma la mia idea - spiega Walter Novellino - è che il turn-over è un lusso che poche squadre possono permettersi. Giusto quelle che hanno rose ampie, di 24 o 25 giocatori e tutti di grande livello. Ma è vero pure che quando, come è accaduto al Napoli, si è impegnati su più fronti può diventare necessario”. Cambiata e ricambiata quella linea a tre assai rischiosa quando partecipano poco e male alla fase difensiva gli esterni e il metodista, ma non solo questo. Nel Napoli, infatti, il turn-over ha coinvolto anche i portieri.

Essere in tre per un ruolo crea problemi? “No, tra noi portieri c’è solidarietà. Per una squadra come il Napoli che vuole migliorarsi e ambire ai primi quattro posti, è normale e giusto avere tre portieri, anche perché, come è capitato a Iezzo, gli infortuni possono capitare», afferma Matteo Gianello ai microfoni di «Spaccanapoli», rubrica di Sky. E quando le toccherà ridare il posto a Iezzo? «Cambierà poco. Le scelte dell’allenatore vanno accettate. In cuor mio è normale che mi auguri di giocare però bisogna essere anche consapevoli e realisti. Io so che Iezzo è il primo portiere e di conseguenza, se vado in panchina o in tribuna, tifo da lì. Navarro? Lui non è solo il futuro ma anche il presente del Napoli”- dice il portiere azzurro.

Ma non tutti la pensano così. “Il ruolo del portiere è particolare. Un portiere - spiega Luciano Giaguaro Castellini - deve sempre avvertire la fiducia attorno a sé. La concorrenza gli mette l’ansia addosso. Intendiamoci, questa è la mia idea e non è detto che sia per forza quella giusta. Però la mia vita l’ho passata in porta”. E poi, nel calcio sono necessarie o no le gerarchie? “Se è vero che una squadra è frutto d’un progetto e quindi anche di scelte di mercato, è giusto che una formazione abbia un’impronta, un gruppo-base intorno al quale poi cambiare quando occorre. E quando si hanno impegni ravvicinati di coppa è campionato è giusto farlo”- afferma Bruno Giordano, allenatore e tra i migliori interpreti del quattro-quattro-due.
F. Marolda
Il Mattino