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L’addio di Sosa: “Ho fondato questo Napoli”
Per lui a La Plata già pronta una maglia del Gimnasia che fu la sua prima squadra.

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16 Aprile 2008 -- C’è un tempo per tutto. Anche per gli addii. È ciò che ha pensato Sosa quando ha deciso di chiudere la sua storia di bomber qui in Italia. Dieci anni di pallone, quattro maglie, settantasei gol (e non è detto che sia finita qui) tra campionato e coppe e quattro fantastiche stagioni, le ultime quattro, da napoletano. «Sì, è arrivato il momento di andar via», ripete El Pampa mentre s’avvia all’allenamento sui prati di Castelvolturno. Il film d’una carriera che gli passa veloce nella mente. Un velo d’emozione, forse. Di sicuro il tono di chi ormai non torna indietro su quella che è una decisione di famiglia. Al diavolo cattivi pensieri e nostalgie. Sosa ha voglia di ricordare solo il meglio della sua vita d’attaccante. E solo il meglio della sua avventura azzurra. «Questi - dice - sono tempi buoni. Momenti felici quelli che viviamo. Il difficile è alle spalle. Ricordo il mio primo giorno da napoletano. Eravamo in tre: Montervino, Montesanto e io. Quello era il Napoli. Così ricominciammo: noi tre e, ovviamente, la passione di De Laurentiis e l’impegno di Marino. No, non fu semplice. Chi arriva oggi nel Napoli - racconta - non sa nulla di quegli inizi incerti».

Già, andrà via tra un mese, Sosa, ma del nuovo Napoli resterà sempre «socio fondatore». Del resto è il suo destino lasciar buoni ricordi in giro. Gli è capitato sempre dove ha messo radici per un po’ di tempo: a La Plata in Argentina, a Udine, a Napoli ovviamente. Ricordi. Emozioni. Racconti. Non si fa pregare, Sosa. «Il gol più bello in maglia azzurra? Non v’è dubbio: quello di dicembre scorso all’Atalanta. Per noi fu una terribile giornata, ma mi riuscì una gran giocata e feci gol». Vero: un suggerimento di Bogliacino e lui inventò una parabola lunga, precisa, vincente che non lasciò scampo al povero portiere nerazzurro. Gol bello quanto inutile. L’Atalanta, infatti, vinceva già per quattro a zero e alla fine il risultato sarebbe stato cinque a uno. Ma il gesto resta. Tant’è che dopo quel gol lo stesso Sosa allargò le braccia meravigliandosi e godendo della sua prodezza. «Però ce n’è pure un altro», aggiunge. «Quello al Frosinone. Una gran bella palombella pure quella. Eravamo sotto e con quel mio gol facemmo uno a uno». Ma Sosa quel gol lo ricorda soprattutto per un’altra cosa. Quel giorno sulle spalle aveva il «10» di Diego Maradona. E lui è stato anche l’ultimo giocatore ad aver fatto gol con quella maglia che poi, col ritorno in B, fu di nuovo ritirata.

E il ritorno in serie B fa sussultare Sosa. «Dovessi scegliere una foto simbolo della mia avventura azzurra saprei bene quale scegliere: proprio quella del festa al San Paolo nel giorno della promozione in B. Quella che mi ha immortalato a cavalcioni sulla traversa della porta. In quella foto ritrovo ancora tutta la felicità di quel momento». Cinque partite. Un mese. Poi El Pampa dirà addio. Via da Napoli. Lontano dal mare di Marechiaro sul quale lancia lo sguardo ogni mattina. Addio Napoli, ma non certo addio al pallone. E neppure al mare. In Argentina, infatti, l’aspettano ancora un paio di campionati con il Gimnasia di La Plata. La squadra dove cominciò la carriera di bomber e dove vuole tornare per finirla. Walter Gisande, il presidente, gli ha già detto che l’aspetta. Perché anche là Sosa ha lasciato un bel ricordo. Non per nulla con sedici gol è addirittura il bomber più bomber d’ogni tempo della squadra.
F. Marolda
Fonte: Il Mattino