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Lavezzi & soci, potere ai piccoli
Nel calcio tornano di moda i giocatori mini: dall’argentino del Napoli a Giovinco

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06 Novembre 2007 -- Questo piccolo grande calciatore. Quella sua maglietta fina, ovviamente taglia small. E quel piedino, che glielo diciamo adesso che noi ci andiamo matti. Piedino fatato. Piedino esplosivo. Basso è bello, basso piace. Sua Bassezza Reale abita qui, in serie A, nel calcio del terzo millennio, spalle larghe & muscoli tesi, ghigno da duri e misure extralarge, di quelle che sfondano la tv al plasma a 42 pollici. El Pocho Lavezzi, Giuseppe Rossi, Scarface Ribery, Gargano, Rosina Rosinaldo, Foggia, La Pulce Messi, Miccoli, Giuly, Giovinco: la carica della Banda Bassotti. Dall'alto in basso, dal metro e 73 di Lavezzi all'uno e 64 di Giovinco, in mezzo classe a chili e centimetri sparsi come noccioline, bravo chi se li piglia per primo e si alza in punta di piedi per sembrare più alto.

Conquistano, perché ci sanno fare. Sono rapidi, veloci, imprevedibili, perché come disse quell’allenatore negli anni ’80:"Se sei basso il cervello è più vicino al piede, e allora fai meno fatica a connetterti". Piacciono, perché volano alto ma ci costringono a spostare lo sguardo un po’ più in basso, lì a filo d’erba dove il calcio sembra ancora uno sport giocato da umani, non da Robocop costruiti in laboratorio. Si fanno largo come Ezequiel Lavezzi, detto « El Pocho » , cioè il « Piccolino » , argentino, dribbling sempre in canna e il guizzo dei predestinati: a Napoli è scattata immediata la nostalgia canaglia, vedi alla voce Maradona, e se il paragone è tutto da meritare, certi colpi fanno davvero sognare. Un gol alla Maradona, ma senza accorgesene, l’ha fatto Gargano alla Juve: serpentina obliqua a tagliare la difesa, quasi come Diego ai Mondiali dell’86 in semifinale col Belgio.

Ruoli diversi, stessa capacità di tagliare a fette la partita, centimetro più centime¬tro meno. Vanno, vengono, tornano. Li reputiamo inadatti, poi (visti da qua) ci accorgiamo che sono bellissimi. Fuori taglia, fuori dall’Italia. Come Giuseppe Rossi, 173 centometri dichiarati e probabilmente esagerati, che nel Villarreal sta facendo il fenomenino, timbra gol che è un piacere, già sette finora e a fermarlo (è successo questo week end) è solo l’infortunio al menisco: sei settimane fuori. O come Fabrizio Miccoli, subito battezzato il « Romario del Salento», Benfica come tappa obbligata prima di dimostrare che la classe - se imbottigliata bene - ci sta anche in 165 centimetri. Giovinco è basso un metro e 64 e si è rasato i capelli per far sembrare più alto Giuly, stessa altezza ma ciuffetto aerodinamico. Giovinco domenica ha fatto un gol da sballo, lui che da lì non vedeva oltre la barriera ha indovinato l’unico corridoio di luce, conta poco se nell’esultanza successiva l’hanno sommerso e baby- Giovinco non si è visto più. Giuly invece nel gioco della Roma è la pallina di un flipper che segue le direttive di Spalletti: scompare e riappare, puntina- sommergibile formato cucciolo come Rosina, come l’azzurro Di Natale e il rientrante Di Michele, che ballano ad altezza 170 centimetri.

All’estero spopolano due campioni-mignon talento purissimo. Il Bayern Monaco è ai piedi di Frank Ribery, che non è Zidane, ma è qualcosa di diverso: meno armonico, meno musicale, forse più affilato negli assist, per informazioni chiedere a Toni. A Barcellona il trono di Ronaldinho è stato spodestato da Leo Messi, La Pulce, lui sì vicino a Maradona almeno per la cocciutaggine nell’emulazione visto che un gol con la « mano de Dios » l’ha fatto anche lui e pure uno simile a quello di Diego con l’Inghilterra, da centrocampo in poi, sette uomini saltati come birilli. Sessantadue chiletti bagnati per 165 centimetri tirati per i capelli, il genio sinistro Messi da piccolo era talmente piccolo che a dodici anni i dottori parlavano di una forma di nanismo. « Crescerà? » , chiese la madre. Serve l’ormone della crescita, servono cure specifiche, dissero i dottori. Le cure gliele pagò il Barcellona, e la Pulce Leo Messi in pochi anni è cresciuto quel tanto che gli è bastato non a sentirsi più alto, ma a sentirsi più felice.

F. Zara (CdS)