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Napoli-Juve storie di ex
Zalayeta e Blasi, da riserve dell’undici bianconero a titolari inamovibili di Reja

24 Ottobre 2007 -- A un certo punto, bisognava decidersi e prendere il destino per le orecchie: che senso aveva starsene ancora lì, in quella cuccetta dorata, quando ormai Big Ben cominciava ad avvicinarsi allo stop? La clessidra aveva lasciato scivolar via le domeniche, trascorse standosene nell’angolino lontano della panchina di Madame: dunque, sveglia! L’idea meravigliosa che Marcelo Danubio Zalayeta si ritrovava in testa andava cavalcata, l’imponevano la fiducia in se stesso e quel talento sprecato per tanti, troppi anni in quella panchina angusta ed accogliente, entusiasmante e deprimente, invitante ma ormai inquietante. «A Napoli ci vieni?» .

Il fascino della Vecchia Signora rimaneva immutato, quasi inattaccabile, ma quella proposta - sul finir del mercato appariva più che decente, anzi pareva persino seducente. « Vengo ». Un flash, un lampo, l’istinto che imponeva d’alzarsi e camminar da solo, senza più balie, senza più alibi, senza mostri sacri a far ombra, senza i tanti Trezeguet, i troppi Del Piero, senza i Salas, gli Inzaghi, gli Ibrahimovic, irraggiungibili dinnanzi. Napoli-Juventus è l’incrocio fatale d’una estate tormentata, con Zalayeta e Blasi rimasti ai margini del mondo bianconero e, improvvisamente, ritrovatisi al centro dell’universo partenopeo.

Credere in Zalayeta - quinta scelta juventina, dopo Trezeguet e Del Piero, dopo Iaquinta e Palladino pareva un’esagerata scommessa, invece divenne l’imperativo del Napoli in embrione: inutile girare intorno al mercato, scrutarlo, sondarlo, raschiarlo; inutile perdersi in quel vorticoso tourbillon, quando Edy Reja che da un po’ s’era innamorato di quella soluzione rimescolò i fotogrammi delle esibizioni dell’uruguyano, le miscelò con le relazioni di Capello e aggiungese dentro personalissime convinzioni: «Con me giocherà sempre, anche quando sarà al 70%». E Zalayeta, quel micione bianconero reduce da appena 16 presenze e quattro gol in B con la Juve, diveniva il terminale offensivo, il panterone azzurro con cui il Napoli affrontava l’insidia della A.

Zalayeta, proprio lui, solo 101 presenze e 16 reti in otto anni bianconeri, una media da buttafuori mica da cannoniere. «Ma con me giocherà sempre, anche quando sarà al 70%». Così parlava Reja, così rispondeva Zalayeta: doppietta a Udine, gol rapinoso alla Sampdoria, prodezza atletica all’Olimpico, quattro reti in sette giornate, ad appena due gol dal primato juventino, ma rivalutando quell’investimento di 2 milioni e 4 di euro spesi dal Napoli per averlo, tacitando i pessimisti ad oltranza, abbattendo il muro della diffidenza.

La Napoli juventina però s’estese a centrocampo, dotandosi di muscoli e polmoni, fornendosi di sano agonismo, erigendo una sorta di maginot, sistemando i parastinchi di Manuele Blasi, due milioni di euro per averlo, 40 presenze sotto il braccio della Vecchia Signora e proprio negli anni dei scudetti malati. Blasi, un altro precario: mediano o difensore esterno, però sempre in seconda fila, o ai box. Due mesi per dar colore a storie in bianconero: Zalayeta e Blasi, le rivincite

A. Giordano (CdS)