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Linea dura, oggi si decide
Melandri: impianti ai privati Gasparri: stavolta bisognerà essere inflessibili

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05 Febbraio 2007 -- Arresto immediato per chi introduce petardi o fumogeni negli impianti sportivi e sospensione delle gare in caso di lancio di petardi in campo. Il pacchetto del governo per fermare la violenza negli stadi, in discussione in queste ore, potrebbe essere ben più severo di quanto si è ipotizzato fino ad oggi. I ministri dell’Interno, dello Sport e della Giustizia, stanno preparando un provvedimento che da un lato impone la piena applicazione della legge Pisanu e dall’altro punta alla prevenzione dei reati commessi negli stadi attraverso misure di carattere amministrativo o penali, pensando per queste ultime ad aggravanti ad hoc per i reati commessi negli stadi.

Alcuni tecnici del ministero della Giustizia fanno notare che, se si guarda al caso Catania, la metà delle persone arrestate sono minori e che queste misure non risolverebbero il problema. Ieri per tutta la giornata si sono susseguite riunioni operative nei diversi ministeri per mettere a punto il piano che verrà discusso questo pomeriggio e che potrebbe essere esaminato in un consiglio dei ministri straordinario (forse mercoledì) per far ripartire il campionato con le nuove regole già domenica, anche se, tra i ministri, non ci sarebbe accordo. Giuliano Amato vuole più tempo per valutare le misure da mettere in campo che garantiscano l’incolumità alle forze dell’ordine. Uno dei nodi principali da sciogliere è quello relativo agli stadi che attualmente non sono in regola con la normativa vigente ma che godono di deroghe prefettizie. Gli impianti in regola in Italia sono solo sei e sono a Roma, Torino, Genova, Palermo, Siena, Messina. A Milano e a Parma, stanno completando i lavori. La linea del governo è quella di riaprire le porte solo negli impianti a norma, ma non necessariamente questa settimana.

E gli altri? Si sta valutando se far giocare le competizioni sportive a porte chiuse dove i lavori non sono mai stati avviati, mentre per gli altri che hanno in parte recepito le misure del decreto Pisanu, il pubblico potrebbe essere ammesso ma con un radicale declassamento della capienza: circa 10mila posti. Allo studio dei ministri competenti anche iniziative volte a debellare le connivenze fra le società di calcio e il tifo violento. Si a delle sanzioni amministrative pesantissime alle società che «copriranno» gli ultras. Giro di vite anche sulle trasferte, i tifosi non potranno seguire in massa la squadra del cuore quando giocherà fuori casa, non viene esclusa l’ipotesi che le partite più a rischio possano essere giocate di giorno. Pene più aspre per i violenti e, seguendo il modello inglese, si pensa di dare pieno titolo di prova a tutti filmati girati dentro fuori gli stadi in grado di inchiodare i violenti.

Due i provvedimenti in preparazione, uno è un decreto legge l’altro un disegno di legge. Quest’ultimo di più ampio respiro potrebbe prevedere la privatizzazione degli impianti sportivi e l’obbligo per le società di investire parte degli utili nella sicurezza. «Strategicamente - spiega il ministro per lo Sport, Giovanna Melandri - il modello di gestione degli stadi italiani così non funziona: dobbiamo andare verso la privatizzazione degli stadi». Si guarda con sempre maggiore attenzione al modello inglese che ha sconfitto definitivamente la piaga della violenza sportiva. Gli hoolingas sono stati messi a tacere una volta per tutte. E a quel modello si ispira la legge Pisanu. L’ex ministro dell’Interno ricorda come nel campionato 2005-2006 quelle misure fecero registrare un calo del 41% dei feriti tra il pubblico e del 60% tra le forze dell’ordine». «Per combattere la violenza negli stadi - tuona Maurizio Gasparri di An - si cominci ad applicare in maniera inflessibile la legge vigente contrastata da chi oggi governa perché ritenuta troppo severa». Per il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio serve «una forte azione di contrasto nei confronti dei pregiudicati». Certezza della pena la chiede anche il vicepremier Francesco Rutelli: «L’assassino di questo poliziotto non deve essere scarcerato tra un anno o due».
E. Romanazzi