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Troppi errori, arrivano i super arbitri.
Il designatore Gussoni: «Venti per la A, stranieri compresi. Un portavoce per commentare le partite»

16 Gennaio 2007 -- Strane storie del pallone. Nel 90, nel 1990, un bel po’ d’anni fa, Cesare Gussoni fu mandato in pensione assieme a Campanati dall’allora presidente federale Matarrese, Motivo: troppo vecchio, statico, non al passo con i tempi il mondo dei fischietti. C’era bisogno d’uomini nuovi e d’una rivoluzione. Fu così che arrivò Petrucci commissario all’Aia e con lui due designatori nuovi: Casarin per la A e la B e Agnolin per la serie C. E rivoluzione fu annunciata. Novità storica: la volontà di dare la parola agli arbitri rompendo con quel passato che aveva bastonato duro lo stesso Casarin e anche Lo Bello jr per aver aperto bocca. «Gli arbitri non saranno più scimmie ma uomini», si disse.

Ebbene, diciassett’anni dopo Gussoni torna in cima all’Aia (presidente e designatore assieme) e lui che nel Novanta era stato già considerato «vecchio», all’incontro di ieri con allenatori e capitani a Fiumicino annuncia la sua rivoluzione. Quale? La stessa di Petrucci e Casarin d’allora: parola agli arbitri. Però senza fretta. «Far parlare l'arbitro al termine dell'incontro - spiega Gussoni - ancora eccitato dalla gara, pronto a difendere il suo operato, non mi sembra di aiuto alla verifica oggettiva della situazione. Per questo penso che ci affideremo al pensiero di un portavoce», dice. Mentre Matarrese oggi presidente della Lega replica che: «L’arbitro scrive, non parla». Il calcio così è: il tempo non cambia le cose, ma le opinioni dei suoi dirigenti sì.

In arrivo il portavoce dei fischietti, dunque. Un ex arbitro quasi certamente (Collina?), che colloqui con il mondo esterno perché per il momento gli arbitri se ne staranno ancora zitti. Ma non si ferma qui l’«aria nuova» di Gussoni. Il suo sogno, il suo obiettivo, infatti, è il «superarbitro». «Se il sistema saprà regolamentare il professionismo - dice - io vedo una A arbitrata da un gruppo di venti fischietti superprofessionisti - come accade in Spagna nella Liga - e la B diretta anche da un gruppo di non professionisti. Avere 40 uomini considerati dello stesso livello e interscambiabili è cosa da demagogo, non da chi ha la testa sulle spalle», spiega. E non limita alla «top class» degli arbitri le sue novità romane, Gussoni. Nell’ottica della caccia al meglio, infatti, non escluderebbe neppure uno scambio alla pari con arbitri stranieri.

Di arbitri professionisti, comunque, se ne parlò anche quando c’era Matarrese in Figc. Ma pure questa seconda rivoluzione andò in malora. La ragione? Casse vuote, Palazzo in rosso e quindi addio fischietti superprofessionisti e superpagati. E così, in attesa dei «superarbitri» e del portavoce, una sola cosa è certa: in tempi brevissimi le terne saranno dotate di auricolari. Inizierà la A, subito dopo toccherà alla B.

A cura di Francesco Marolda
Fonte: ilMattino.