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Respinto il ricorso contro lo 0 a 3
La disciplianre non acceta le motivazioni del Napoli che annuncia già l'appello alla Caf.

27 Ottobre 2003 -- La Commissione Disciplinare costituita dal dott. Franco Corbo, Presidente, dall’avv. Lucio Colantuoni e dall’avv. Gianni Roj, Componenti, con la partecipazione per quanto di competenza, del Rappresentante dell’A.I.A. sig. Carlo Moretti, e l’assistenza della Segretaria Stefania Ginesio, nel corso della riunione del 23 ottobre 2003, esaminati gli atti, sentite le parti e acquisita l’ulteriore documentazione di ha ritenuto infondato il reclamo della società azzurra avverso la punizione sportiva della perdita della partita Avellino-Napoli con il punteggio di 0-3 e ha stabilito, dunque, che debba essere confermato il provvedimento impugnato.

Come si legge dal testo della Lega, la Commissione ha giustificato tale motivazione affermando che:

1)Preliminarmente va disattesa la richiesta di riunione del presente procedimento con quello instaurato od instaurabile per gli stessi fatti a carico della Soc. Avellino a seguito di deferimento della Procura Federale. A prescindere da altre considerazioni (allo stato risulta pervenuto a questa Commissione soltanto un atto di deferimento a carico del socio di maggioranza dell'Avelino e del consulente di mercato della stessa per violazione dell’art. 1 C.G.S., nonché della Soc. Avellino a titolo di responsabilità oggettiva, ma tale procedimento, di imminente trattazione, concerne aspetti marginali degli accadimenti del 20/9/03, in particolare la scorretta gestione del servizio di biglietteria da parte della soc.Avellino, la cui autonoma valutazione in sede disciplinare non può influenzare in modo significativo il giudizio che la Commissione è chiamata a compiere in ordine alla legittimità del provvedimento del Giudice Sportivo, e la auspicata riunione dei procedimenti (richiesta dal Napoli) è preclusa dalla diversa natura delle procedure in questione, trattandosi nel caso del Napoli di procedimento di seconda istanza instaurato per effetto di reclamo proposto da detta società, nel caso dell’Avellino di procedimento di prima istanza instaurato a seguito di deferimento della Procura Federale ex art. 28. Una sovrapposizione di riti è di conseguenza inammissibile, non foss’altro perché nel primo caso è prevista la partecipazione al giudizio della società controinteressata (nella specie l’Avellino) ma non della Procura, mentre nel secondo è prevista la partecipazione (in veste requirente) della Procura, ma non di soggetti controinteressati.

2)E' priva di fondamento la tesi principale del Napoli secondo cui difetterebbero i presupposti della responsabilità oggettiva, perché le condotte violente e pericolose sarebbero state poste in essere dai tifosi napoletani “per motivi estranei alla gara” essendosi trattato della “rabbiosa” reazione al colpevole ritardo con cui sarebbe stato soccorso il giovane caduto da una pensilina della Curva Nord. Risulta, infatti, con chiarezza che gli atti di violenza sono iniziati in un momento (tra le 19,30 e le 20,00, facendo riferimento agli orari dei ripetuti sopralluoghi sul terreno di giuoco da parte del collaboratore dell’Ufficio Indagini) sicuramente antecedente all’ingresso violento e massivo dei tifosi napoletani senza biglietto all’interno dello stadio, ed antecedente quindi anche al ferimento del giovane caduto nella Curva Nord, incidente questo (sulla cui precisa dinamica ed eziologia non può pronunciarsi la Commissione, non essendo allo stato noti gli esiti delle indagini avviate in sede penale), verosimilmente verificatosi tra le 20,00 e le 20,15. Tali atti di violenza si sono verificati all’esterno della curva Nord e della Tribuna Centrale ove numerosi tifosi partenopei sprovvisti di biglietto, nel tentativo di entrare comunque nello stadio, sono venuti a contatto con le Forze dell’ordine cagionando anche il ferimento di alcuni poliziotti; i disordini sono poi proseguiti (verso le ore 20,00) all’interno dello stadio con l’accensione di un falò ed il lancio di oggetti e fumogeni. Il clima di tensione e la volontà dei tifosi di scatenare incidenti venendo a contatto con le forze di polizia preesistevano quindi al ferimento del giovane (poi deceduto) che non può essere identificata come causa efficiente esclusiva dei disordini che il Giudice Sportivo ha imputato a titolo di responsabilità oggettiva alla società Napoli.

La lettura immotivatamente restrittiva che il Napoli pretenderebbe di dare secondo cui la responsabilità oggettiva è esclusa “quando il fatto è commesso per motivi estranei alla gara”, non è condivisibile dovendosi ritenere che vi sia pertinenza (cioè non estraneità) alla gara non solo quando gli atti di violenza siano posti in correlazione con vicende strettamente legate all’andamento della gara (decisioni arbitrali ritenute ingiuste, gesti di provocazione verso il pubblico da parte di un calciatore etc.), ma anche quando essi trovino causa od “occasione” nei vari aspetti collaterali alla manifestazione sportiva (accesso allo stadio, sistemazione di tifosi nelle tribune, acquisto dei biglietti, rivalità tra tifoserie etc.), senza che rilevi l’eventuale non contestualità con la disputa della partita.

Nel caso in esame un folto gruppo di tifosi napoletani ha scelto appunto la gara Avellino-Napoli del 20/9/03 come occasione per porre in essere una vera e propria guerriglia urbana attuando verosimilmente un piano premeditato: non può altrimenti spiegarsi l’equipaggiamento con cui essi si sono presentati (molti addirittura senza biglietto) allo stadio (passamontagna, spranghe di metallo), la determinazione degli assalti contro le forze dell’ordine, la sistematicità e la reiterazione delle condotte violente, la devastazione degli impianti e delle strutture del campo di giuoco (sul punto si richiama il provvedimento del Giudice Sportivo in data 24/9/03 con cui è stata irrogata alla Soc. Napoli la squalifica del campo di giuoco per 5 giornate appunto a titolo di responsabilità oggettiva ex art. 11, provvedimento confermato da questa Commissione con decisione 2/10/03).

Anche ad ammettere che il turbamento per il ferimento del giovane e l’esasperazione per il presunto ritardo dei soccorsi (ma è tutto da dimostrare che tale ritardo sia dipeso solo da carenze organizzative della società ospitante e non piuttosto proprio dalla situazione di caos creata dai tifosi napoletani) possano avere contribuito ad aggravare la tensione, a fomentare ulteriori manifestazioni violente, in nessun modo può sostenersi che questo tragico evento abbia spezzato il collegamento funzionale tra tali comportamenti antiregolamentari e la manifestazione sportiva. Difatti lo stesso incidente occorso allo sfortunato giovane (non è dato sapere se egli facesse o meno parte del gruppo dei facinorosi, ma è ampiamente verosimile che la caduta sia avvenuta nel tentativo di accesso illecito allo stadio attraverso una pensilina) e le stesse presunte deficienze organizzative imputabili (in ipotesi) alla società ospitante o alla forze dell’ordine, non sono affatto accadimenti estranei alle attività connesse alla disputa della partita. Anch’essi infatti si inseriscono, in senso spaziale, cronologico e funzionale, nel contesto complessivo della manifestazione sportiva onde non può in alcun modo ritenersi che gli atti di violenza sopra descritti sia stati posti in essere dai tifosi napoletani per “motivi estranei alla gara”.

In definitiva va disattesa la pretesa del Napoli di scindere la dinamica degli avvenimenti in due fasi distinte – quella antecedente e quella successiva al ferimento del giovane – posto che le risultanze degli atti ufficiali attestano che si è invece trattato di una serie di intemperanze e violenze strettamente connesse e poste in essere (presumibilmente in base ad un piano preordinato) da un nutrito numero di tifosi partenopei in un contesto unitario e senza soluzione di continuità, potendosi solo ammettere (senza che ciò peraltro rilevi ai fini dell’esclusione o dell’attenuazione delle responsabilità) che l’estrinsecazione della violenza aggressiva e distruttiva sia potuta avvenire nelle forme descritte (piuttosto che in altre) anche in virtù della situazione venutasi a creare a seguito del tragico infortunio.

In particolare, è vero che se il giovane non fosse caduto, non sarebbe stato necessario aprire (o forzare) il cancello giallo della curva Nord per consentire l’accesso dell’ambulanza chiamata a soccorrere il giovane, ma tale circostanza, che ha permesso agli esagitati di riversarsi all’interno del terreno di giuoco e di aggredire le forze dell’ordine, non vale certo ad interrompere il collegamento funzionale tra la gara e le violenze né a giustificare l’operato dei facinorosi: anzi l’avere illecitamente sfruttato tale situazione di emergenza (implicante un evidente indebolimento delle misure di sicurezza e delle capacità di sorveglianza delle forze dell’ordine) per allargare gli spazi investiti dalle ondate di violenza ed intensificarne l’efficacia costituisce motivo di ancor più grave censura delle condotte poste in essere dai tifosi napoletani.

3) Parimenti infondata è l’ulteriore linea difensiva della società calcio Napoli volta a sostenere la corresponsabilità della Soc. Avellino nella causazione degli incidenti sotto molteplici profili (omessa predisposizione di adeguato servizio d’ordine e di idonee misure di sicurezza, negligente gestione del servizio di biglietteria, ritardo dei soccorsi al giovane infortunato). In proposito va anzitutto rilevato che aspetti censurabili nella condotta della società ospitante sono stati al momento rilevati solo con riguardo alla vicenda dei biglietti destinati ai tifosi napoletani (v. il citato deferimento della Procura Federale dell’8/10/03), mentre nessuna negligenza risulta emersa con riguardo agli altri profili denunciati dalla reclamante. Peraltro ritiene la Commissione che anche ad ammettere la configurabilità di addebiti di colpa a carico della società Avellino, in nessun caso potrebbe ipotizzarsi un esonero di responsabilità per la società reclamante attesa la straordinaria gravità della condotta posta in essere dai tifosi napoletani sia prima che dopo la caduta dello sfortunato giovane dalla pensilina. E’ infatti contrario a logica e buon senso sostenere che atti di inaudita violenza e pericolosità (invasione del terreno di giuoco, aggressioni ripetute alle forze dell’ordine, ferimento di poliziotti, smantellamento delle strutture dello stadio e del campo di giuoco, lancio di oggetti contundenti) quali quelli di cui si discute possano trovare giustificazione (ai fini dell’esclusione o dell’attenuazione di responsabilità) nella pretesaimpossibilità di acquistare biglietti per assistere alla partita o nell’esasperazione conseguente al tardivo soccorso del giovane caduto dalla pensilina, attesa l’evidente, macroscopica sproporzionetra le invocate circostanze esimenti o attenuanti e la condotta posta in essere dai tifosi napoletani (in presumibile attuazione, come già detto, di un piano preordinato di violenza).

Resta a questo punto da accertare se gli atti di violenza di cui si discute, oltre a fondare l’affermazione di responsabilità oggettiva della società Napoli, abbiano anche impedito la regolare effettuazione della partita. Al riguardo sono pienamente da condividere le argomentazioni del primo giudice fondate sulle univoche risultanze del referto arbitrale (“la gara non si è disputata a causa di scontri tra la forza pubblica e la tifoseria del Napoli avvenuti prima dell’entrata in campo delle due società”), e della relazione dell’Ufficio Indagini secondo cui ancora un’ora circa dopo il previsto orario di inizio della gara permaneva una situazione di grave pericolo per l’incolumità pubblica, non essendosi spenta nè attenuata l’aggressività dei tifosi napoletani (è della 21,20 la ripresa di un fitto lancio di oggetti in campo in concomitanza con il sopralluogo della terna arbitrale per la verifica dei danni e con l’intervento di incaricati della Soc. Avellino per la chiusura del cancello della Curva Nord precedentemente forzato).

Tenuto conto della gravità e della protrazione nel tempo delle intemperanze, nonché della disponibilità da parte dei facinorosi dell’armamentario tipico della guerriglia urbana (spranghe ed altri oggetti atti ad offendere, passamontagna), è agevole concludere che sarebbe stato oltremodo rischioso dare a quel momento inizio alla gara, attesa la concreta possibilità di una ripresa delle violenze, magari favorita da vicende legate all’andamento del giuoco od alle notizie sulle condizioni di salute del giovane caduto dalla pensilina o del Vice Questore rimasto ferito negli scontri precedenti. In tale situazione è del tutto irrilevante che verso le 21,30 risultassero in qualche modo riparati i danni più vistosi arrecati dai tifosi al terreno di giuoco, con ripristino della rete della porta e delle bandierine del corner, mentre non poteva esservi alcuna certezza sul fatto che tutti i facinorosi avessero effettivamente abbandonato lo stadio per rientrare a Napoli (attesa la possibilità di mimetizzarsi tra i restanti spettatori in attesa di nuove sortite aggressive). E’ a questo punto che – a seguito delle concitate consultazioni intervenute tra gli ufficiali di gara e i dirigenti delle due squadre (evidentemente preoccupati del possibile ulteriore aggravamento della situazione) – veniva comunicata la decisione del Presidente della L.N.P. di rinviare la gara a data da destinarsi.

Il Napoli assume che appunto questo provvedimento sarebbe stata la causa della mancata effettuazione della partita, piuttosto che la situazione di pericolosità per l’incolumità pubblica venutasi a creare a seguito degli atti di violenza posti in essere dalla propria tifoseria. Si tratta di una tesi difensiva già efficacemente confutata dal primo giudice: invero deve ritenersi che il Presidente della Lega (Galliani) sia responsabilmente e tempestivamente intervenuto proprio perché le notizie provenienti da Avellino delineavano un quadro di concreta e persistente pericolosità che la disputa della partita, per le ragioni già dette, avrebbe potuto (in base ad una prognosi ragionevole e prudenziale) aggravare con la ripresa degli atti di violenza. Ovviamente tale disposizione di rinvio non può che operare (art. 34 Regolamento L.N.P.) sul solo piano organizzativo, lasciando del tutto impregiudicata la valutazione, rimessa alla competenza esclusiva degli organi di giustizia sportiva, dei fatti in sede disciplinare. Per tutte le ragioni esposte deve concludersi che siano stati gli atti di violenza compiuti dai tifosi napoletani, ed implicanti la responsabilità oggettiva della società reclamante ex art.11, comma 1, ad impedire l’effettuazione della gara art. 12, comma 1): non può quindi trovare applicazione la previsione di cui al comma 4, atteso che il poteri degli organi di giustizia sportiva di disporre la ripetizione o l’effettuazione della gara presuppone che non sussista responsabilità oggettiva della società ai sensi delle disposizioni precedenti. Il reclamo deve quindi essere respinto con incameramento della tassa.